La frutta di luglio: curiosità e cose poco note

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Estate, tempo di vacanze ma anche di frutta! E quanta ne troviamo nei mercati, nei supermercati, nei centri ortofrutticoli, nelle campagne. Per tutti i gusti, per deliziare il palato e preservare il nostro organismo. E così sotto con albicocche, meloni, angurie, pesce, prugne, nespole, fichi, ciliegie. Fresche, ricche di fibre e vitamine, ma anche di zuccheri, sebbene decisamente meno invadenti rispetto a quello della tavola. Ma noi sappiamo davvero tutto su questi frutti, da dove arrivano, da quando le troviamo in Italia e le leggende che vi ruotano attorno? Andiamo quindi alla scoperta di curiosità e cose poco note sulla frutta estiva:

 

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L'albicocca è originaria dell'Asia centrale ed è coltivata in Cina da oltre 4000 anni. La coltivazione su larga scala non ebbe comunque inizio prima del 300 a.C. Dalla Cina, tramite le carovane dei mercanti, si diffuse poi nel Medio Oriente e di qui nei paesi del bacino del Mediterraneo. Questo grazie soprattutto alle spedizioni di Alessandro Magno, che fece conoscere in Occidente diverse varietà di piante fino ad allora ignote. Il nome ha una lunga storia: ha infatti origine dall'arabo al-barquq, a sua volta derivante dal latino praecoquus che significa “ frutto precoce ”. I Romani, in realtà, avevano chiamato la pianta Armeniacum malum e cioé “melo d'Armenia” ma una varietà di questi frutti, che maturava prima di tutte gli altri, finì per dare il nome alla specie nel suo insieme. Quando si mangia la buccia deve essere ben lavata e strofinata con un panno, in quanto tende a trattenere i fertilizzanti e i conservanti impiegati nella coltivazione. Una leggenda racconta che in origine era solo una pianta ornamentale con dei bei fiori bianchi e quando l'Armenia venne invasa dai nemici fu ordinato di abbatter tutti gli alberi che non producevano frutto per ottenerne legname. Questo sarebbe stato anche il destino dell'albicocco. Se una fanciulla non avesse pianto sotto la sua chioma per tutta la notte e al mattino sull'albero erano cresciuti dei frutti dorati: le albicocche appunto. In altre leggende viene anche indicata come il frutto proibito assaggiato da Adamo ed Eva al posto della mela. Un'altra notizia si ha dai trattati medici arabi: qui pare che venisse usata per curare il mal d'orecchi. Nella tradizione popolare inglese sognare l'albicocca porta fortuna mentre altrove simboleggia la timidezza in amore; secondo un'altra versione, invece, se la si sogna secca preannuncia perdite e danni.

 

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Originaria dell'Africa tropicale è ancora oggi un'importante fonte di sostentamento per le popolazioni indigene di quelle zone durante i periodi di siccità. David Livingstone, un missionario scozzese vissuto nel XIX secolo, ne riportò memoria nei suoi taccuini di viaggio dopo averne osservato un'abbondante crescita durante le esplorazioni nel deserto del Kalahari. Le prime coltivazioni di anguria si ebbero in Egitto, dove il mito racconta che questo frutto abbia avuto origine dal seme del dio Seth. Gli egizi erano soliti deporlo nelle tombe dei faraoni quale mezzo di sostentamento per l'aldilà. Fu introdotta in Europa a partire del XIII secolo con l' invasione dei Mori. L'anguria più insolita viene oggi dal Giappone, in particolare dalla regione Zentsuji, dove i produttori fanno crescere le angurie all'interno di contenitori quadrati ricavandone dei frutti cubici facili da impilare e trasportare. Nel 2008, un agricoltore di Tsukigata, cittadina dell'isola di Hokkaido, ha voluto sperimentare la coltivazione di angurie piramidali realizzandone sedici esemplari venduti al prezzo di 52 mila yen, l'equivalente di circa 400 euro. In Russia, dove nelle regioni meridionali con l'anguria si produce una particolare birra attraverso la fermentazione del succo zuccherato e bollito, l'agricoltore Kuban Igor Lihosenko, dopo aver piantato alcuni semi di una varietà di anguria dalle grandi dimensioni, ha visto crescere nel suo campo un'anguria da 60 chili e 400 grammi per la quale ha ricevuto un'offerta di 5 mila rubli, circa 1.100 euro. Il primato mondiale spetta a una coppia di coniugi americani originari del Tennessee che nel 2010 ha raccolto nel proprio giardino un'anguria dal peso di 132 kg. Ma c'è chi si serve delle angurie per farne qualcosa di decisamente più bizzarro, come John Allwood, che al Chinchilla Melon Fest di Queensland, in Australia, ha conquistato il record del mondo dopo aver rotto a testate ben 47 angurie in un minuto. Infine, con l'anguria si fanno anche delle sculture. C'è un'arte, il watermelon carving, ovvero l'intaglio dell'anguria celebrato dal 2006 a Praga, in Repubblica Ceca, durante il Melounovy Festival: si tratta di una vera e propria galleria dove artisti di tutto il mondo lavorano le angurie intagliandole e ricavandone delle splendide sculture.

 

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Talmente buone che vale il detto: "una ciliegia tira l'altra". Diffuso in tutta Europa, l'albero del ciliegio proviene secondo la tradizione dall'Asia Minore, a portarlo in Occidente sarebbe stato Lucullo (famoso generale e buongustaio romano), nel 74 a.C. Il nome ciliegia sembra derivi dalla città Cerarus, nota oggi come Kirasus, dalla quale Lacullo avrebbe prelevato un esemplare di questa pianta. Come alcuni reperti dimostrano, i frutti del ciliegio selvatico, piccoli e amarognoli, erano conosciuti e mangiati già dal Neolitico. Nell'antica Roma si usava sciogliere nel vino la gomma secreta in estate dal tronco del ciliegio, per calmare la tosse e risvegliare l'appetito. Il poeta Remigio Zena le paragona in un famoso madrigale a coralli e rubini, invitando l'amata a ornarsene come se fossero preziosi pendenti. Le ciliegie furono apprezzate anche per alcune virtù medicamentose: Galeno le consigliava a chi avesse problemi di intestino e anche per eliminare le “pietruzze” dalla vescica. Anche le mandorle contenute nei piccoli noccioli trovavano impiego per lenire i dolori artritici e per guarire porri, acne e verruche della pelle. Ma veniamo a oggi: studiosi della Northumbria University di Newcastle (Regno Unito) hanno scoperto che assumere l'estratto di questo frutto rosso aiuta ad aumentare nell'organismo il livello di melatonina, ossia l'ormone deputato alla regolamentazione del sonno.

 

 

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Si racconta che il titano Sykèus, (da syke, fico ), per sottrarsi a Zeus che lo stava inseguendo, si sarebbe rifugiato presso la madre Gea, la terra. Questa avrebbe poi fatto sorgere dal suo grembo l'albero che ricorda il nome del suo figlio. Nell'antichità era proibito esportare fichi, considerati un prodotto di prima necessità e, se frutto di alberi sacri, veniva reputato un sacrilegio. Plutarco narra, riguardo alle origini di Roma, che la cesta con Romolo e Remo, destinati a morire come frutto illegittimo della vestale Rea Silva, non fu trascinata dalla corrente del Tevere che era straripato, ma si arenò miracolosamente in un'insenatura fangosa, sotto un fico selvatico dove vennero nutriti dalla lupa. La pianta divenuta sacra , in quanto riferita a Marte, padre dei gemelli, era diligentemente curata dai sacerdoti del dio che provvedevano alla sostituzione della pianta ogni volta che questa moriva. Nell'Antico Testamento il fico, insieme con la vite, è simbolo non soltanto di fertilità, ma anche di vita gioiosa nel regno messianico. Nella magia verde, le coppie sterili ricorrevano regolarmente alle foglie di fico. A luna crescente staccavano due foglie da un albero e ne mettevano una sotto il cuscino della moglie e una sotto quello del marito perché si pensava che avessero il potere magico di far arrivare dei figli. E se un bambino o un adulto è balbuziente, bisognerebbe, si dice, portarlo sotto un albero di fico perché ha il potere di sciogliere la lingua e facilitare la parola.

 

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La storia della fragola europea è mutata con l'introduzione della specie americana. Nel 1623 era arrivata in Francia la fragaria virginiana dell'America del Nord, con frutti molto più grossi; successivamente, nel 1712, fu importata la fragaria chiloensis del Cile anch'essa con frutti molto grandi. Oggi n Europa se ne conoscono tre specie spontanee diverse: vesca, moscata e viridis. Molti gli effetti benefici: tra i più comuni quello di pestare le foglie e applicarle sulle ulcere e sulle scottature solari, danno ottimi risultati. Applicate di notte sugli eritemi del volto, li fanno ridurre fino a sparire. Un po' di superstizione: sognare fragole significa un guadagno inaspettato o anche un aiuto inaspettato da persona sconosciuta (per giocare al lotto si utilizza il numero 20). Mentre la polpa di fragole, se viene sciolta nell'acqua del bagno, rende una pelle elastica e vellutata: sembra che fosse uno dei segreti della bellissima Madame Tallien, ninfa dei Giacobini, durante la Rivoluzione Francese.

 

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Si pensa che sia originario dell'India o dei deserti dell'Iran, qualcuno invece lo fa risalire all'Africa o addirittura alla Persia. Nel V secolo a.C. gli egiziani lo iniziarono a esportare nei bacini mediterranei. Una citazione biblica racconta che gli ebrei in fuga dall'Egitto rimpiangessero, in mezzo al deserto, i meloni egiziani. Arrivò in Italia nel periodo cristiano, come documentato da Plinio nella sua "Naturalis Historia", comparandolo al cetriolo. Lui lo chiamava meloni pompones e ci fa sapere che Tiberio ne era ghiottissimo. Nel Rinascimento i contadini laziali lo coltivavano per i Papi, a Cantalupo, nei pressi di Roma. Per lo scrittore Alexandre Dumas, per rendere il melone digeribile bisognava mangiarlo con pepe e sale, per poi berci sopra un mezzo bicchiere di Marsala. Leggenda vuole che Alfonso I d'Este duca di Ferrara, Modena e Reggio Emilia morì nel 1534 a causa di una indigestione di meloni. Il melone è anche uno dei simboli di Trieste, con tredici spicchi: uno per ogni casata della nobiltà medievale triestina. Sarà anche per questo che sul Colle di S. Giusto, situato nel cuore della città, c'è una colonna che dal 1844 ha in cima un melone sormontato da un'alabarda.

 

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Secondo alcuni la pesca è originaria della Cina, dov'era considerata simbolo di immortalità. Secondo altri, è originaria della Persia, dove Alessandro Magno l'assaggiò e da dove la importò in Europa. L'altro nome delle pesche noci, "nettarine", deriva forse da "nettare", la bevanda degli dei. Fu introdotto in Europa proprio attraverso la Persia, da cui la specie ha anche preso il nome. In alcuni dialetti italiani, difatti, tale frutto viene chiamato Persico. La coltura del pesco ebbe poi la massima diffusione ad opera dei romani. La pesca è da sempre considerata un simbolo di lunga vita ed immortalità ed è stata rappresentata in pitture e decorazioni su porcellana, nonché ricordata in molte poesie.

(grazie a firmani per la segnalazione)

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